Terremoto istituzionale in Brasile. Il Senato ha approvato l’impeachment per Dilma Roussef con 55 voti favorevoli e 22 contrari. L’approvazione di questa procedura di per sè non comporta l’immediata destituzione dall’incarico, ma la sospensione dallo stesso fino a 180 giorni per consentire alla Roussef di preparare la sua difesa dinanzi alla Corte Suprema. Si è trattato di una sessione parlamentare carica di tensione durata ben 20 ore. La presidente viene accusata dall’opposizione di aver operato una falsificazione dei bilanci dello Stato al fine di nascondere una situazione di grave recessione nel corso della campagna elettorale per la sua rielezione nel 2014.
Intanto queste sono state le prime parole della presidente nella conferenza stampa che ha convocato prima di lasciare il palazzo presidenziale di Planalto: “E’ un impeachment fraudolento, un vero golpe. In gioco ci sono il rispetto della volontà sovrana dei 54 milioni di elettori che mi hanno votata e il rispetto della democrazia“.
Durante questo periodo di sospensione la Roussef tuttavia manterrà alcune prerogative connesse all’esercizio della sua carica, come si legge sulla Gazzetta Ufficiale: “durante il periodo di sospensione manterrà le prerogative dell’incarico relative all’uso della residenza ufficiale, a sicurezza personale, assistenza alla salute, trasporto aereo e terrestre, remunerazione, squadra di servizio del gabinetto personale della presidenza“.
Con l’approvazione dell’impeachment per la presidente, la guida del Paese è passata al vice-capo di Stato Michel Temer, dirigente del Partido do movimento democratico brasileiro (Pmdb), una formazione politica di ispirazione liberale. La Roussef nel caso in cui venisse assolta potrà tornare nuovamente a ricoprire l’incarico di presidente Nel caso di destituzione invece Temer porterà avanti il suo mandato fino al 1 gennaio del 2019.
Stamattina un gruppo di manifestanti anti-governo ha festeggiato con dei fuochi d’artificio l’approvazione della procedura dell’impeachment al Senato. Insomma a distanza di 13 anni dall’elezione di Inacio Lula da Silva appare quindi al capolinea l’esperienza al governo del Partido dos Trabalhadores (Pt), che avrebbe dovuto inaugurare una stagione riformista.