L’economia cinese sta rallentando, non è un sospetto ma una certezza. Gli scossoni nel comparto azionario di questa estate, proseguiti ciclicamente in autunno e nel nuovo anno, hanno certificato una ‘crisi d’identità’ dell’economia del colosso asiatico. Pechino sinora, sotto molteplici punti di vista, ha mostrato di non possedere una strategia chiara ed univoca, l’ennesima conferma la si è avuta nel recente vertice del G20 a Shangai.
Il summit del 5 marzo, tra i vertici del parlamento, potrebbe regalare una svolta con l’enunciazione del piano quinquennale per l’economia.
Il dispiegamento del nuovo piano quinquennale potrebbe essere l’occasione propizia per comprendere in che direzione si sta muovendo il colosso cinese, soprattutto se una linea strategica chiara ed univoca sia stata elaborata in questi mesi decisamente complessi. Gli ultimi dati in ordine di tempo, giunti a distanza di 24 ore, confermano la tendenza al ridimensionamento della Cina quale super potenza economica in forte espansione. Indice manifatturiero in primis, che da gennaio è calato oltre le aspettative degli analisti. L’annuncio del taglio di posti di lavoro, nell’ambito dell’industria di stato, nell’ordine di circa cinque milioni, ha completato un quadro a tinte fosche.
La Cina paga dazio ad una economia sui generis ma non si può parlare ancora di un vero declino, semmai di un fisiologico riequilibrio in atto.
Ciò che sta accadendo negli ultimi mesi non sorprende più di tanto gli analisti finanziari ed economici, sin dall’inizio della sua espansione economica la Cina veniva vista come un soggetto dalle notevoli potenzialità ma altrettanto ricco di contraddizioni. A cominciare dalla radice economica di una nazione che presenta profonde differenze nel tessuto sociale, soprattutto tra le metropoli e le aree rurali. Una via di uscita, prima di un radicale avvitamento dell’economia, potrebbe essere rappresentato dagli investimenti all’estero, politica già in atto ma che potrebbe far registrare un ulteriore slancio nel prossimo quinquennio. Anche e soprattutto per acquisire know-how per l’industria, indispensabile per un ulteriore salto di qualità delle aziende locali.