Una sottile e complessa partita a scacchi in cui gli Stati Uniti d’America e Barack Obama si mostrano semplicemente come spettatori interessati. E’ quella che si gioca, a metà tra geopolitica e mercati finanziari, sullo sfondo del prezzo del petrolio, sulle riserve mondiali di greggio ed un congelamento riguardante i livelli di produzione. E’ esattamente quella la chiave di volta, alcuni dei paesi produttori ed esportatori paventano esclusivamente un ‘congelamento’ della produzione ma non riduzioni in tal senso.
Schermaglie tattiche che vedono in prima linea la Russia di Putin da un lato, i paesi produttori dell’Opec (in particolare l’Arabia Saudita), l’Iran ed il Venezuela dall’altro.
Il governo guidato da Nicolàs Maduro, in questo contesto, rappresenta un caso a se stante. Tra deficit di bilancio e crisi economica, Caracas vive i giorni più difficili da 20 anni a questa parte. Nel paese sudamericano lo scontro politico si è fatto più aspro, la crisi internazionale del prezzo del petrolio degli ultimi mesi non ha fatto altro che acuire una situazione definibile di emergenza già un anno fa.
Mosca e Riad sono storicamente e politicamente divise su tutto ma attualmente hanno interessi in comune.
Maggiore sintonia, nell’ambito delle complesse trattative, sembrano mostrare Russia e Arabia Saudita: il ‘congelamento’ della produzione ed un sensibile riduzione successiva potrebbe preludere ad accordi vantaggiosi anche in altri ambiti. Da un lato Mosca è desiderosa di uscire dall’impasse in cui è precipitata con le sanzioni economiche occidentali, numerosi analisti inoltre valutano come difficilmente superabili i livelli di estrazione attuali. Riad, dal canto suo, tenta di utilizzare l’arma negoziale del mini-greggio per far sentire il suo peso nella questione siriana, oltre che per tentare di ridimensionare il ritorno sulle scene internazionali dell’Iran, storico avversario regionale.
Proprio Teheran, per contingenze molteplici, potrebbe mettersi di traverso sabotando un maxi-accordo tra OPEC e Russia. Dopo anni di isolamento e sanzioni, un accordo sulla riduzione di produzione ed esportazioni rischierebbe di vanificare un salto di qualità lungamente atteso, finendo per lenire le oggettive difficoltà di Arabia Saudita e monarchie del Golfo, a discapito proprio della Repubblica Islamica. Un rebus di non facile soluzione.